PASOLINI-CRISTO ATTRAVERSO IL SUO ALTER EGO ENRIQUE IRAZOQUI
Antropologicamente parlando, la religione è una dimensione pervasiva nell’esistenza di un individuo giacché inevitabilmente accade che gli individui nascano al mondo in circostanze del tutto strutturate che conferiscono ai viventi una loro collocazione ed una identità riconosciuta e trascritta a partire dall'atto di nascita nei registri dello stato e, nella maggioranza dei casi, in quelli battesimali della chiesa, come è il caso nella cultura cattolica italiana. Questa identità-eredità, che l'individuo si ritrova ad indossare come un abito, dall'abitino bianco battesimale, all'abito della Comunione e come per la Cresima, l’abito da soldato di dio con cero ed giglio (si veda una scena del Salò o le 120 giornate di Sodoma, 1975), per l’intera esistenza, tranne che a dissociarsene con degli atti o atteggiamenti volontari, è un’identità dunque assegnata aprioristicamente attraverso tutta una serie di codici e segni della cultura gradualmente inculcata e appresa in cui la coscienza dell’individuo si trova come dire “avvolto” nel momento in cui inizia a percepire il suo ambiente educativo della sfera private come di quella pubblica. Ci si può immaginare che per Pasolini – cresciuto alla critica militante l'identità cattolica tra gli insegnamenti di un padre fascista e di una madre liberale, un fratello Guido, convinto comunista morto vittima dei propri ideali per mano degli stessi partigiani di un gruppo antagonista – tale dimensione identitaria ereditata al cui interno perduravano delle forti antinomie, divenne per gradi problematica al punto da informare tutti i suoi scritti e film in minima ora massima parte. Questa dissidenza emergeva, si sa, in tutte quelle opere in cui la religione ebbe una parte o rilevante (Mamma Roma, Accattone) o essenziale (La ricotta, Il Vangelo secondo Matteo, Teorema) tanto da poter individuare in questo anticattolicesimo dichiarato la voce di un critico militante tra i più ferventi che abbia avuto il Cattolicesimo del Novecento, oltre ai suoi riformisti interni.
La critica di Pasolini alla religione di appartenenza nasceva da reazioni non solo di dissidenza e intolleranza alla sua struttura gerarchica e alla sua valoristica ma anche di conoscenza e di profondo rispetto verso il messaggio del suo profeta, il Cristo, mediatore del rapporto tra il popolo e la Chiesa all'interno della cultura in cui questo dettato è stata trascritto dagli Evangelisti, revisionato dai Padri della Chiesa, infinitamente discusso, negoziato e interpretato.
La prospettiva religiosa con cui Pasolini ha guardato alla sua civiltà attraverso soprattutto un cinema che ha proposto, come aveva già fatto Federico Fellini in Otto e Mezzo, una revisione critica dell’identità cattolica è una visione complessa che parte da una solidarietà di tipo marxista con coloro i quali non hanno gli strumenti per distinguere ciò che nella religione è comando, legge, e non già invito alla fede.