"Il
corpo tra disciplina ed incontinenze"
Traduzione dall’inglese Valentina Ippolito
Sono un paio di anni che io e mia
moglie Anna proviamo a tradurre con quanta più fedeltà ci sia possibile – dedizione
che ci causa non poche serate di dilemmi per rendere in inglese la complessità
lessicale e sintattica di Erminia– le poesie di quella che ormai consideriamo
una cara amica e collega traduttrice, conosciuta tramite un blog di
poesia. Siamo, come si può capire, intensi lettori delle poesie di questa
autrice.
Data questa
intensità amicale e traduttiva, è in cantiere un progetto che vedrà pubblicato
in inglese il suo volume del 2000, dal titolo Macchina, che renderemo alla
lettera come Machine. Ma vorrei adesso elaborare qualche nota di analisi
dei suoi temi e dei suoi stili.
Nella nuova
raccolta, Il Roveto, Erminia, partendo da presupposti formalisti, esplora
i collegamenti fra la lingua della poesia e i linguaggi di sfere specialistiche
che vanno dalla religione, alla giurisprudenza, all’amministrazione politica,
eccetera. I testi mostrano il modo in cui questi linguaggi burocratici sono
iscritti "nel corpo" come costrutto culturale e sociopolitico.
Ne Il Roveto,
il corpo e la lingua compaiono come istigatori vicendevoli, agenti all'interno di
una interazione che diventa reciprocamente esaltativa, ma anche lesiva e disgregativa.
Si tratta chiaramente di una provocazione: la forma, la struttura e le norme che
regolano la lingua che convoglia questi linguaggi nell’esistenza, con tutte le
loro complesse implicazioni, si insinuano ed attaccano il corpo. A sua volta, il
corpo, sede dell’Io, della sensibilità, diventa uno snodo (ma anche un “nodo”) di
costruzioni ideologiche che fatte saltare all’aria, dissolvono il senso, come
appunto si legge nella poesia "Del senso" ("potendo strapperei
via il senso / come un insulso membro / lo getterei nel gabinetto / e tirerei
lo scarico", p. 39). In altre parole, questa è la “machine” della
raccolta.
Quest' interazione
presuppone spesso prestazioni trasgressive e parodistiche, come nella poesia
"Lo stato della Rosa": "Nell'anomalo ritmo, i recettori /
rilevano troppo bassa l'effervescenza, / scoordinata l'attività' dei
muscoli." (p. 21)
Nella stessa poesia, il personaggio
monologante, che attraverso la raccolta è alternativamente maschio (una figura
religiosa) o femmina (una ribelle castigata) sembra essere malato o avere
perduto il controllo delle proprie funzioni, come uno spirito prigioniero
condannato all'interno di una forma chiusa ("teatri d'apnea diurna, il
desiderio di mancare / quale esigenza vitale", p. 21). Il soggetto è
tormento da dubbi che lo corrodono ("tale disposizione al dubbio / è
aggravata / dalla tendenza ad ammalarsi.", p. 21) e che aggravano lo stato
di sofferenza. Tuttavia, anche se il mondo è visto attraverso "scene di
lotta / popolate di bestie moleste" (p. 21), un senso di continuità e umanità
non smette di coordinare queste dissonanze.
L'interesse
principale di questo personaggio è dunque la congruità della malattia - delle
sue conseguenze dei suoi convincimenti e dei suoi dinamismi mentali, come
"No", " non ho Padre, ne' padre / ne' bandiere ne' terre, /
manco di peli e ovaie, / non ho lingua d'orpelli." (p. 31). L'identità e
il genere del personaggio sono pertanto costruiti non in termini positivi, ma
sull'assunto su una dialettica oppositivo-negativa. Da questa ambiguità
strutturale non deriva che il corpo del personaggio-maschera (ce ne sono tantissimi)
sia rappresentato in modo neutro. Infatti, essa genera un senso di forza
paradossale della "voce", che trascende e controlla le opposizioni
legate al genere: "Eppure, ho la potenza / dell'amplesso contrario. / Godo
in un freddo letto." (p. 31)
L' extratesto più interessante e visibile di questa quarta raccolta è il suo citare trasversalmente Discipline and Punishment e Madness and Civilization di Michel Foucault. Come in Foucault, i corpi che Erminia raffigura sembrano iscritti in pratiche legali (prigionia, tortura, processo) e religiose rituali e sacramentali (battesimo, comunione, cresima, estasi, morte), sia individuali sia sociali, di tipo impositivo e a volte perfino costrittivo, come si evidenzia in poesie quali "Esercizio spirituale"(p. 60), "Pratica" (pp. 61-62), "Tre metodi della prece" (p. 63), e "Esercitazione all'ascolto", che sfidano i principi di cio' che e' da considerarsi sano, sacro e normale (p. 64):
Ci si
sieda nella sedia, verticalmente ma comodi,
con il posteriore
sostenuto. Avviso: si aggiustino i suoni
che si possono sentire, suoni lontani, nella via. [...]
Mi suggeriva la lettura di Foucault che nei versi citati, il senso normativo mediante il quale i sensi vengono disciplinati con esercitazioni spirituali e pratiche di normalizzazione psichica non indica nel personaggio un genere particolare, quanto piuttosto un disordine innato del comportamento e della sessualità (sia rivoluzionario sia reazionario). L'operazione principale di Erminia è, in tal modo, quella di indicare, condannare ed insieme deridere le tecniche tramite le quali i corpi sono resi docili con diversi livelli di obbedienza alle norme prescritte:
"Prima regola. La prima regola è che ci si debba ben non
astenersi tanto dal pane, perché non è alimento a cui l'appetito sia adusato per comportarsi cosí disordinatamente, o alla qual tentazione è sollecito, come invece accade nella cassa degli altri alimenti", (p. 61)
Preghiere da fare, leggi da rispettare e norme da seguire sono tecniche per rendere il corpo, non importa se maschile o femminile, oggetto di controllo disciplinare da parte di forze di controllo patriarcali, come si evince da "Esercizio spirituale", in cui il personaggio che parla e dà istruzioni è una sorta di trainer professionale:
"La vostra riflessione sia su quello che ritenete essere nel corpo e non sui pensieri circa la sua condizione. Se vi sentite scomodi o pruriginosi o smaniosi di mutare la vostra posizione, appena si riconosca il disagio, ci si assicuri che sia tutto a destra, e, senza muoversi, si continui a concettare e/o parafrasare ciò' che potete ritenere sia nel corpo." (p. 60)
Il sacro ed il profano pervadono la maggior parte delle poesie, concentrate sul concetto etico della humanitas quali feritas e divinitas, come si legge in "Teoantropologia": "La religione è un nodulo che duole se toccato. / Lascia che pago dorma il malato." ("p. 32) In tal modo religione ed empietà, trascendenza e immanenza, cristianesimo e paganesimo seguono una linea di ricerca poetica a tutto tondo. Qui, le Humanae litterae persistono all'interno della tradizione poetica secolare, come tracce del religio.
Nella distanza la
speranza
nel contorno il
giorno
nell'immediata
presenza l'assenza
per lor capacità
di coglier in questa
idee inadeguate
all'ispezione attenta. [...]
("Teoria della Pintura", p. 49)
Mentre la raccolta si svolge lungo
una serie di titoli espliciti quali "Il Lemma-Cardine", "Dottrina",
"Rosa Mistica", "Jesus agli Apostoli", "La Presenza del
Dio", si è inclini a domandarsi: "Dove è Dio in questo libro?"
Molte delle
domande, come dicevo, si presentano come enigmi e dilemmi, soprattutto per il
traduttore.
Ed effettivamente,
fra la sua relativa presenza minacciosa e la sua completa assenza, fra credenza
ed ateismo, un rapporto di contrapposizione ed allo stesso tempo di coincidenza
esiste, che rende il libro umanistico nello spirito ed agnostico in linea di
principio, identificando nei modi in cui il corpo e la lingua sono iscritti o
espulsi dalle sfere religiose, una delle principali ispirazioni della poesia.