BIAGIO CEPOLLARO. SU "IL TORSOLO DEL VENTRE ED ALTRE FANDONIE", TROUBADOR, 2006.

Lontano da qualsiasi intromissione esplicita o implicita del soggetto configurato come lirico, il testo si costruisce come artefatto di parole dislocato rispetto ai suoi messaggi. Nel senso che ciò che accade sulla pagina, dalla prima all’ultima parola, si fa dichiaratamente maschera sapiente di ciò che è accaduto e accade fuori, non visto. 

E di fatto è un lavoro che con la forza dell’intelletto ha il potere di smascherare le presunte ragioni altrui, mentre copre scrupolosamente le sue ferite.


Questo doppio movimento di proporre con chiarezza la superficie del testo nei modi della filologia e di nascondere con altrettanta sicurezza le ferite che muovono, gli squarci dei moventi, il pàtico e lo psichico, instaura uno spazio non detto che è esattamente lo spazio riservato alla possibilità del poetico in questo tipo di strategia testuale.


Quasi per identificazione con l’aggressore, il Linguaggio dei Poteri viene riprodotto, calcato, deformato, parodizzato nel suo formulario. Un Linguaggio che si è andato costruendo lentamente nella sua archeologia, con tanto di dispositivi disciplinanti e pervasivi… Attraverso i corpi puntualmente disciplinati anche l’infelicità, la sofferenza, la mancanza di luce, hanno perso caratteri umani, perdendo la loro voce.


Biagio Cepollaro



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