Exstasis. Poesie. Erminia Passannanti
Erminia
Passannanti
EXSTASIS
Poesie
Lieto
Colle Edizioni
A
Valentina
All Rights Reserved
Author : Erminia Passannanti©2003
-------------------------------------
INDICE
Il
sentiero delle more
L’inconscio
del poeta
Gli
universali
Nella
poesia della distinzione…
Lo
scopo dei segni
Richieste
Trama
Io
e Gabriele. Una frazione notturna.
Cosmetico
Verbalmente
Introito
rapido
Malattia
Natività
Dettato
Effigi
Il
poeta, il dolore
Rosa
eterna
Exstasis
Di
notte
Di
me stessa
Di
mia madre
Il
sentiero delle more
per quelle lente ore in cui
conosceste l'attesa del martirio
su gradini di terra come di chi
da vergine e immolata - voi,
dico a voi, che con tenere dita
toccaste le piaghe di un lebbroso
e celaste la chioma sotto un ruvido saio
per chinarvi pietosa
su quel corpo straziato, che
a vostro dire palpitava ancora -
per quelle ore, io vi porgo la rosa,
unica spettatrice tra tante sedie vuote
morta che fu, l'anima sua dinanzi
e le membra vedevo agitarsi nell'aria
e pulsando sgorgare la ferita
là dove le sue reliquie
tengono a coppa il sangue
venite -
aveva, il sentiero delle more,
colpito la sua immaginazione -
ecco i sassi, ecco gli arbusti
che sostennero il rogo
e laggiù, per quella bella santa,
mirate come il rovo ai suoi piedi si crebbe
a formare una croce
io stava come presa da un delirio di voci
e volentieri mi denudava il petto
e me ne andava vagando senza meta
finché qualcuno mi riportava a casa
ratto, come di un sogno alato che partiva dal fondo,
fu l'ascendere al cielo pel segno di una spada:
li riconobbi Chien, l'agile sua moneta, vidi steli di ombre,
e l'acqua e il fuoco...
o vergine radice,
altre volte mi ardeva, non comprendendo come,
un dispregio del mondo.
per quelle lente ore in cui
conosceste l'attesa del martirio
su gradini di terra come di chi
da vergine e immolata - voi,
dico a voi, che con tenere dita
toccaste le piaghe di un lebbroso
e celaste la chioma sotto un ruvido saio
per chinarvi pietosa
su quel corpo straziato, che
a vostro dire palpitava ancora -
per quelle ore, io vi porgo la rosa,
unica spettatrice tra tante sedie vuote
morta che fu, l'anima sua dinanzi
e le membra vedevo agitarsi nell'aria
e pulsando sgorgare la ferita
là dove le sue reliquie
tengono a coppa il sangue
venite -
aveva, il sentiero delle more,
colpito la sua immaginazione -
ecco i sassi, ecco gli arbusti
che sostennero il rogo
e laggiù, per quella bella santa,
mirate come il rovo ai suoi piedi si crebbe
a formare una croce
io stava come presa da un delirio di voci
e volentieri mi denudava il petto
e me ne andava vagando senza meta
finché qualcuno mi riportava a casa
ratto, come di un sogno alato che partiva dal fondo,
fu l'ascendere al cielo pel segno di una spada:
li riconobbi Chien, l'agile sua moneta, vidi steli di ombre,
e l'acqua e il fuoco...
o vergine radice,
altre volte mi ardeva, non comprendendo come,
un dispregio del mondo.
[da
Macchina
Manni Editore©2000]
L'
inconscio del Poeta
Nascono
così le suggestioni, la tinta
brunita
del sangue -
tesoro
espressionistico, conca
dell'anima
fonda
e
febbre mascherante
l'ipocrisia
del mondo.
Da
sempre afferro
un
qualche elemento,
l’
incisto nel sogno,
nell’immagine
afona
in
cui io e te cerchiamo
sotto
il cofano della macchina
il
corpo inerte del motociclista
che
abbiamo investito,
il
lemma fideiussore
della
normalità.
Così
in un turpe ingorgo
d'
eventi, verificando
piaghe
e ferite, l'identità contusa
presso
l'infetta lesione sul costato,
vedo
il defunto riprendere vita,
levandosi
in piedi per proclamare
un
verso,
rantolo,
desiderio.
Ah,
visione, malessere grigio,
tetro
gorgoglio
dell'idea
analogica.
gli
universali
esistono
- così le credenze – indipendente
mente
dai dettagli che li compongono.
vedo
tre tavoli in questo spazio:
un
gruppo di monache chete ne occupa due.
per
la cena, il terzo
è
apparecchiato.
appassionato
d’agnello, il lupo siede
dinanzi
a una porzione generosa
di
stufato.
un tavolo può
o non può
riferirsi al
concetto generale di cosa implichi
mangiare.
tavolo,
una parola disperata
per una
funzione consueta, materiale.
credo o non
credo
che la
geometria esprima
la forma pura
della facoltà intuitiva
che mi
consente di testare
il vero in
modo visivo?
le monache
sono trascendenti.
sono un
grappolo di nubi.
tuttavia,
anche loro a tratti si connettono
ai campi e ai
motivi che il mondo sperimenta.
sprecano le
reni.
indossano vita
natural durante abiti candidi.
gli universali
costituiscono le complessità dello spazio.
il lupo ora
nota l'irrealtà delle monache.
e se il loro
numero si duplicasse?
ci sarà
bisogno di tavoli addizionali.
Nella poesia della distinzione…
Nella
poesia della distinzione
e
della privazione alimentare
per
l’internazionale commercio d’armi
nel
sostrato del conflitto mondiale
armata
la lingua è
l’oggetto
della divisione
che
descrive perfino le inversioni
unidirezionali nelle
contingenze
immediate
della
coscienza
le
inversioni
di
queste manifestazioni-tracce
entro
una rete
di
rapporti contingenti
e
oggetti che non hanno alcuna
fissa
posizione
arnese
o distinzione
perfino provvedendo
alla
distinzione
fra
l’interno e l’esterno
fra
emittente e ricevente
nella
poesia radicale spostata
in
variazioni
nell’offuscamento
[del soggetto]
del
processo della percezione-effetto
della
posizione propria del lettore
e
prospettiva particolare
dell’arnese
verso
la realtà percepita.
L'effetto
è il costo in vite
umane
del conflitto
la
stessa posta in gioco del lettore
da
questo punto mediano del testo
che
presenzia
alle
distinzioni fra esterno ed interno
nella
poesia della distinzione
e
della privazione alimentare
per
il commercio internazionale
di
armi nel sostrato del conflitto mondiale
armato.
Lo
scopo dei segni
Siedo
qui immersa nelle mie reveries
i
seni tratteggiati, le membra
svogliate
e torte,
minorata
che regge una posa
all'ultima
moda
restauro
- lupus in fabula
-
storia
che riaccade (ovvero refrain
di
fonosimbolismi che dicono
l'Essere
"E",
il
Corpo "C", la Vita "V",
la
Morte "M"
tra
alternate cause sillabiche)
esplicita d'
intenti – che svolgo
asimmetrie
- parole
dalle
vaghe etimologie, nebbie
di
rei componimenti
(malagevoli
all'uso).
Il
mio impeto è un gioco
innocua
la metrica
che
innesca suoni impropri
rinnegando la
forma
canzonando
l’altrui foco.
Richieste
richieste di ciascuno
intatte lungo un sentiero
che costeggia una ferrovia strategica
qualche cadavere in disparte
come l’ente della rosa
scomparsa nel 2000
devozione di un’allocuzione
autocrate imposta
a tutti i membri presenti
nel sogno
- Potremmo pernottare qui, che ne dici?
- Splendido hotel…ha una sorta d’autenticità letteraria…
- Indubbiamente.
- Che mi racconti di tuo padre?
- Morto.
- Già. Muore ogni notte.
- Ha penato. Sì, ha molto sofferto.
- In che modo?
- Come un agnello in un’allegoria.
due magre mani su un vassoio di marmo
che gocciolano sangue - e un cuore tondo
che sboccia come un qualsiasi altro fiore
o come un discorso integrale.
poi fuori dal nulla
incantevole e mistico
bacia sulla guancia la sua rosa
come un amante
richieste di ciascuno
intatte lungo un sentiero
che costeggia una ferrovia strategica
qualche cadavere in disparte
come l’ente della rosa
scomparsa nel 2000
devozione di un’allocuzione
autocrate imposta
a tutti i membri presenti
nel sogno
- Potremmo pernottare qui, che ne dici?
- Splendido hotel…ha una sorta d’autenticità letteraria…
- Indubbiamente.
- Che mi racconti di tuo padre?
- Morto.
- Già. Muore ogni notte.
- Ha penato. Sì, ha molto sofferto.
- In che modo?
- Come un agnello in un’allegoria.
due magre mani su un vassoio di marmo
che gocciolano sangue - e un cuore tondo
che sboccia come un qualsiasi altro fiore
o come un discorso integrale.
poi fuori dal nulla
incantevole e mistico
bacia sulla guancia la sua rosa
come un amante
-
oh, fiore di uguale nome
ingannevole,
come la visione
in cui la donna vede
l’amante qual era e qual più
non è.
in cui la donna vede
l’amante qual era e qual più
non è.
Non
un mistero....
non
un mistero, non un sentiero da svelare
ma
un gruppo di villici, malvestiti, che s’allontana
procedono
a schiera,
confabulando
rivolte.
il
più giovane regge un’ascia.
ha
il volto rivolto verso il più vecchio,
un
uomo sulla quarantina di media altezza,
biondo
e robusto, colono del podere d’un conte.
il
conte – mio nonno – proprietario di 3000 ettari di terra
3
figli illegittimi – siede reggendosi la fronte
nella
sala dei ritratti di famiglia - la secondogenita, la più avvenente,
consegnata
alla nascita a un orfanotrofio di Napoli.
il
sole illumina il sentiero di sterpi e more
lungo
cui - compiuti i vent’anni -
s’incammina
mia madre -
cappotto
americano e tacchi a zeppa
alla
volta della villa paterna.
alla
distanza, il grano splende nella luce del pomeriggio.
le
pale del mulino pescando nella melma grovigli di anguille.
la mano di mia madre sanguina – tra l’erba, l’ha baciata una biscia.
La cosa esposta. O della memoria selettiva
Una delle
difficoltà centrali
Della vita è
la morte.
La sua
rappresentazione è complessa.
Non s’adegua
a nessun campione di valore.
Non ha
larghezza intrinseca né un’ideale altezza.
Dunque nella
foto dove mia nonna siede composta
Presso il
corpo inerte di mio nonno
Sistemato in
una bara inclinata e aperta
Non è la
morte la cosa esposta.
Trama
ho ordito questa tramacome marinaio che scruti la retene afferri le magliele rammendi con aghi e unghie
inaffidabile schema
tirato a braccia fuori da una distesad’acqua salsasciolto dalla realtà e concessoa tinte immaginarie.
Il resto è ciò ch’ emergeda un intricato nucleo, perladall’ostrica, piovra dalla tana,dizionario di metrica italiana
trovato sulla spiaggia ricopertodi sabbia ovvero scheggiache ferisce i plantari.
In alto il sole, dinanzi a me la piananegazione della rima,brezza che inganno èai sensi, eppure familiare
come il cielo agli uccellicome ai ciottoli il mare.
Io e Gabriele: una frazione notturna
M’imbatto
spesso in te, Gabriele, in questi giorni.
Perché
percuoti la tua anatra quando nessuno ti guarda?
Mi dispiace
ci siano difficoltà giù in fabbrica.
Per di più,
ho sentito dire che ti (ri) sposerai.
È stato
John Ashbery a darmi la bella notizia.
Prometto di
non spargere la buona nuova.
Il mio
treno arriva a 4.00.
A che ora
suppergiù arriva il tuo?
Ma perché
te ne stai ritto in piedi su quella panchina, Gabe?
Stai bene?
Sei di vedetta?
Io ho male
alla testa.
O meglio,
ho mal d’onecchie. E mi fanno pure male le giuncture.
Il mio
treno è annunciato con tre ore di ritardo, dunque, farò una bella
pennichella, qui, accanto a te, fino alle sette. By
the way: Why are you crying, Gabe?
È perché c’è la Guerra in South-Arabia?
Se desideri
sollecitare l’arrivo del treno, Gabe, devi presentare istanza al
controllore.
In genere,
in Italia si fa così…
Sei
disposto a riposare un po’ anche tu, caro?
È inutile
attendere fuori dal kiosketto fino a che non arrivi il tuo
treno. Fa tanto freddo stanotte. Un gennaio d’acciaio, un gelo che
penetra nelle ossa. Andiamoci a mettere al riparo, dai, dai.
Anzi,
facciamo a questo modo: andiamo alla biglietteria, bussiamo contro il
vetro e spieghiamo all’impiegato che stiamo lavorando a un progetto
sulle malattie tropicali: vedrai che ci darà tutte le informazioni
di cui abbiamo bisogno.
[Il
portello s’apre e appare la faccia scura e seccata
dell’impiegato.Dice qualcosa di indecifrabile da dietro il vetro.]
Ti sta
chiedendo cosa desideri, Gabe. Vuole sapere a che progetto stai
lavorando e con chi. Che ti avevo detto!: ‘Uomo a babordo mai
mente!’ (capisci, Gabe? Sta segnalando la tua presenza.)
‘Sorry,
I don’t understand.’
Vieni,
Gabe, andiamocene via da questa biglietteria [di merda].
[La
fenditura scorrevole della piccola lastra di vetro dello
sportello-biglietti s’appanna. L’impiegato s’acciglia, poi
rivolge a Gabe una domanda, alzando la voce per farsi sentire.]
‘Qual
è il motivo che spinge il suo amico a volere intraprendere la
carriera medica?’
Gabe, dice
che daranno il Nobel al medico che sa fare meglio le punture e non
spaventa i bambini.
‘Che
tipo di batterie usate nel Vostro Paese per azionare i vostri vari
strumenti, Signori?’
Che
batterie? E come faccio a saperlo! …(Che artiglierie si usano nel
tuo Paese, Gabe?).
‘What
batteries?’.
E voi,
signore, che tipo di batterie usate voi per il vostro
vibratore portatile?
‘ Eh? Si cali e
parli attraverso la fessura, signora? Ripeta la domanda, non ho
capito. [ a parte, tediato]
Ma che vuole questa matta,… mah!’
Allora,
vuoi avere delle altre informazioni, Gabe? Vuoi sapere a che ora
arriva domani tua madre, non è vero?
‘ Yeh.’
(Stai
giù!... giù la testa, Gabe.) Aprite questo sportello,
signore, dico a voi. Aprite, orbene: siamo soliti chiedere
cortesemente agli impiegati di servirci. Chiediamo di fare delle cose
per noi porgendo cortesemente le nostre domande, don’t we? E
accettiamo l'opzione che possano rifiutarsi. Understood?
(Questo è
l’accordo, qui al Nord, Gabe. Le cose potrebbero essere più o meno
buone, qui da noi, couldn’t they?)
Le cose
sono o possibili o impossibili, ma non possono essere più o meno
possibili o più o meno impossibili.... Vedi, Gabe, qui al Nord senza
questo nostro intenso dialogo– con i suoi nomi, aggettivi, avverbi
– con i suoi pronomi, idiomi, espedienti allegorici, soluzioni
algebriche – le cose potrebbero andare decisamente a destra.
Oxford,
24.6. 2002
Cosmetico
:Governatori!
: Ho
acquisito conoscenza
:
sovvertendola…
:
Lor Signori
:
conteranno in me
:
tre istinti basilari
:
le lettere
:
l’ascia
:
la maschera
:
tre leggi operanti
:
come una grammatica
: funzionanti come cipria compatta
Verbalmente
fiore letterario
sbocciato come cardo
tra foglie dentellate,
ovvero scudiscio,
ago sotto le unghie, morso
d' insetto.
privata dell'amore,
risposta non m’assiste.
il cuore scrive bianco.
Introito rapido
accetta il mio
consiglio
non s’ha da
fare alcuna cosa
che possa
aggravare
la situazione
odierna
il tempo
s’arroga il ruolo
di legislatore
della forma completa
per quanto
presa e vilipesa
da chiunque
ed in
qualsiasi senso
per l’intero
gruppo di contadini
colti dal
mortale
accidente del
breve espediente
cagionato da
Dio
per metterli
al riparo
dalla
difficoltà
e rendersi
garante
che qualsiasi
cosa decidessero
fosse fatta
rapidamente
rapido amore e
corteggiamento
cura della
prole e accanimento
la morte
desiderata e rapida
come un pendio
un'ascia una
corda
fatale e
risentito
pallido con
allineamento orizzontale
il margine
vitale
Malattia
estremo
scenario. l ’infermiera s’ avvicina,
stacca
con perizia bende e garze,
espone
il bronzeo strale
sul
mio polso sinistro, rivolo
raggrumato,
versato
in
una valle.
con
membra assottigliate,
pensieri
di traliccio,
vedo
pena ed affanno, ma resisto,
l’avverto
da questa dura soglia
quell’eco
ingannatrice
che
mi raggiunge e dice:
lungo è il
giorno,
l’inganno.
Nel
grembo
Del feto ho
sofferto
l’unione
viscerale
sognando la
vita
nel suo
respiro lento
in minuta
compostezza
distesa al suo
fianco
disegnando
nella mia mente
la sua mente
Di stagione in
stagione
l’illimitata
adorazione
in ginocchio
come un pastore
dinanzi al
miracolo del seno.
Niente da
offrirle
eccetto questo
sguardo.
Dettato
Come
post-traumatico
il sospiro lo
specchio
la bambola il
cassetto
il rossetto il
disegno.
Come
postmoderno
gli occhi
azzurri l'imago
della mamma
eloquente
il doppio
ammutolito
quel pastore
che è in me
devoto
simulante.
Dicono:
intrappolante
l'amore
cos“ come la
sindrome
quando nel
ventre gonfio
e poi fuori
nel mondo
sei gettato
vestito e
bardato
pronto alla
verifica.
No. Il termine
accettato
dello scambio
tra me e mia
madre
era quel
correrle incontro
nei pomeriggi
caldi
dopo avere
mangiato
quel cantare
di lei intonato
questo vigile
esprimersi.
Effigi
in
sorte la saggezza occorse
la medesima notte in cui
la bimba nacque
quando deposta
nuda supina e desta
in quell’istante
d’avido apprendimento
nulla era
tranne le opache iridi
che muovevano la mente
verso le effigi
ingannevoli anonime
dileguanti sul muro
sopra il suo corpo
e quella bimba tacque
sapendo ch'erano aquile.
la medesima notte in cui
la bimba nacque
quando deposta
nuda supina e desta
in quell’istante
d’avido apprendimento
nulla era
tranne le opache iridi
che muovevano la mente
verso le effigi
ingannevoli anonime
dileguanti sul muro
sopra il suo corpo
e quella bimba tacque
sapendo ch'erano aquile.
Il poeta, il dolore
Cos’è il
dolore? Un codice mentale
che
definisce uno stato acuto.
Senza
dubbio possiedo tutti i tratti
dell’anti-eroe
moderno, fotografica
riproduzione
d’un essere malato
che si
costituisce come parodia,
piccolezza
d’intenti, a volte azzurra
tristezza
come la veste dell’inane angelo.
Utile
illustrare i mezzi con cui
questa
creatura si ritrae: pietra
analizzata
- se così si può dire – sulla base
di un
difetto strutturale: noto
sovversivo
colto da
esatta cognizione del dolore.
Rosa eterna
Come
giungesti a maturare
dal segno
lineare della venatura
rosa eterna
nel mio ventre
colpa che
la palpebra acerba
dischiuse
e
l’azzurrino natale della crepa
nel grigio
di dicembre
rivelò
come un lampo?
Exstasis
la medesima
notte
sostò
presso la torre
rimpiangendo
il potere
dissipato
nell’estasi
sulla
distesa abbuiata
di
mutilazioni e macerie
il tempo
apriva spazi
tra
indipendenza e forma.
Di notte
Se fossi
stata
unicamente
tua
quale
infelice animale
avrebbe
fatto incursione
nei tuoi
sogni
disturbato
i tuoi giorni
azzannandoti
alla nuca
l'inquieta
faina
il gatto
selvatico
l'avida
lupa?
Se sul tuo
collo
e sul tuo
petto esposto
azzurro e
lacrimante
come il
corpo di Cristo
avessi
lasciato il mio morso
se prima di
sera
e prima
della notte
con sospiro
affannoso -
l’origliare
sommesso
alla mia
porta
t'avesse
informato
senza
possibilità d'errore
della mia
vera natura
(questa
ferita aperta)
a chi -
altro da te -
non uomo,
né bestia,
avresti
chiesto di porsi
disarmato
all'ascolto?
Di me
stessa
Voglio
stare da sola
in un
tormento di totalità
(nella
nostalgia di una smarrita unità)
ch'eccede
ogni controllo
e
m'annienta.
Voglio
stare da sola
l’odore
di legno della credenza
è
contaminato ed essenziale
distante
nondimeno adiacente
le tazze di
porcellana scheggiate
ma
piacevolmente fredde
che sanno
d'epoche passate.
Voglio
assaporare quel ch’io intendo
nella
solitudine dell'essere
come un
corpo abbandonato a desideri
inespressi,
fibre di struggimento,
e colpa
d’esser nata,
del vivere
in me stessa.
Di mia
madre
non
chiedermi perché
l'insondabile
occhio che mi guarda
equivalga
al catino
in
cui mi specchio
pettinandomi
all'alba
quando rammento
i
discorsi inconcludenti
di
mia madre
ho
trascritto le sue labbra
e
rievocato la voce
della
significanza
come
un occhio che scruta
o
un dito puntato
d'
un dio d'un gendarme
sebbene
me ne stia
tra
un ruscelletto verde
e
due pietre angeliche
ancorché
fraintesa
pur
godo del ricordo
di
quelle tre quattro strofe
ch’
ebbi a ponderare
quale
loro unica giudice
e
dal catino traboccano
le
acque della bellezza
putride
una
voce baritonale
canta
ma
senza strazio
spoglia
di colpa storica
una
nenia insaziata
un
grido senza fede
e
senza speranza
volendo
molto amare
e
grandemente
giustificare
la propria esistenza
pagando
non più
di
tre centesimi al mese
ma,
dov'e' mia madre?
credevo
d'averla lasciata seduta
quaggiù
in giardino
quieta
nella sua vestaglietta
da
casa a fiori azzurra
in
tardiva difesa delle tasche
con
fiera risolutezza d'orfana
a
frangere le coerenze altrui
ma
senza disappunto
ah,
eccola dove credevo fosse
malgrado
il silenzio
della
posa marmorea
vedi
come alza verso di me lo sguardo celeste
del
volto lacerato
sorride,
stringe le labbra
come
a baciare l'aria.
All Rights Reserved
Author : Erminia Passannanti©2003