Gianmario Lucini sulla raccolta Il Roveto, di Erminia Passannanti
Commento
di Gianmario Lucini alla raccolta
Il
Roveto
di Erminia Passannanti
Poesia
dei forti contrasti, questa silloge di Erminia Passannanti, fra un
aspetto dichiarato e descritto nelle composizioni stesse e un altro
aspetto, che ne rimane fuori, ma che diviene il termine dialettico,
di una dialettica drammatica e intimamente sofferta. L'aspetto
che è trattato è quello dell'atteggiamento religioso, che l'autrice
ricalca, se così possiamo dire, da una idea iconica del rapporto col
trascendente - "iconica" anche pensando alle icone russe,
così formali e ieratiche, ma insieme dolci e mistiche, al fascino
delle quali non si può resistere e si è quasi portati in un'altra
dimensione, rarefatta, eterea, senza
corpo.
Una religiosità che viene sondata nei suoi effetti sulla psicologia,
piuttosto che nella sua essenza, viene illustrata negli atteggiamenti
volutamente resi grotteschi e sciapi, in melense tinte.
Così,
invece del Cristo che saluta con un "adieu"
quasi snob i suoi apostoli, sembra di vedere un dandy in un giardino
liberty, che parla dalla nuvoletta di fumo del suo cigarillo,
a significare una lontananza, un'assenza una diversità e
impossibilità di contatto fra lo spirituale e il materiale della
situazione esistenziale, del corpo e del sangue che soffrono in forma
di persona, essere che pena nel dramma - non detto, appunto - della
vita. L'autrice insomma vuole rappresentare il dramma di questa
scissione fra la dimensione spirituale dell'essere come ontologia e
come vocazione-secondo-la-religione, e la dimensione reale del corpo
che, con la sua drammatica presenza, rende questa tensione vocativa
tragicamente inutile, irraggiungibile, quasi irrisoria, in una sorta
di stridore che scaturisce dalla condizione stessa di divisione fra
anima e corpo, fra materiale e spirituale, fra mente e situazione
vissuta. La dicotomia si conclude con un'esclusione, quella
appunto del corpo, che diventa soltanto uno strumento da "adattare"
al rito e alla dimensione trascendente, essendo la sua essenza
"inadatta", o forse importuna.
L'effetto
dunque, al di là del tono in un certo senso sornione ed ammiccante,
è drammatico e dirompente, e pone una problematica attualissima,
quella della divisione mente-corpo e di ogni altra divisione, che va
ben oltre la sfera religiosa e mistica.
Gian
Mario Lucini
8.12.2004
IL ROVETO I
L’eccellenza
del paradisiaco nella genesi e nel vocabolo: Rosa Prima
Il
consacrato mirabile del celato roseto non si lascia sfuggire due
rigori: il sermone intellettivo e l’allocuzione sonora.
L’intellettivo
è l’esame dei radicali enigmi della sopravvivenza, pena capitale,
rinomanza del Poveracolo e della sua santissima sorella.
La
sonora è l’Ave
Madrina, preceduta
dal Pater,
filosofando
e guardando con meraviglia in pari lasso le quindici cardinali
temperanze praticate dal fanciullo scalzo e dolcissimo [e da Maria]
nei quindici fatti incomprensibili del Roseto propizio.
Nel brandello iniziale delle dieci rose di cui tratto, la prima e l’ultima si omaggiano, e molto si vagliano gli arcani gioiosi e i misteri angosciosi nella foggia e nella regola in cui sono declamate al presente.
IL ROVETO II
Il rovo
evanescente: Rosa Ultima
Devono una
fede pia – increduli, non creduli – nel giusto mezzo della verità
e del vizio.
E sono
questi Infanti orgogliosi, per carità, diffidenti a negare – non
le Sacre Scritture, ma il tranello alla fede e alla morale [teso dal
maligno].
La
Tradizione smentiscono, in cui pure sprofondano per orgoglio e
pretesa sufficienza intinta del sangue del soffio vitale.
Seri
autori d’umana fede, ai racconti non contrari né alla ragione,
polmoni straordinari e villosi – tesi i petti.
Ora il
Rosario – salutazione angelica, santo rovo evanescente, roseto, e,
non per niente, perla d’Oriente e d’Occidente – gioiello umile
sottomesso, sola preghiera essendo [le lacrime di Cristo di cui è
intriso il sudario].
Certo è
che i principi immateriali, inequivocabili, poderosi e sfavorevoli
del nostro periodo – scorrendo con gli occhi di tal genere i
rapporti – ne disporranno, in ipotetico, l’autenticità come
senza eccezione adibiscono a fare.
Nondimeno
ego distinto non ho compiuto che trascriverli da buoni autori
contemporanei e in parte da un recente libro del padre domenicano
Anthonio Tomasi che conferito ha il titolo Il
Roseto ascetico
a sua madre.
Del resto
– indivisi – hanno appreso che sussistono tre varietà d’adesione
da concesse notizie. Agli episodi riportati dalla santa pagella siamo
tenuti ad offrire assentimento altissimo; e ai resoconti irreligiosi
che non nauseano l’intelletto alcuno. Da niuna parte è scritto.
IL ROVETO III
*
Roveto
che alimenta l’anima dell’aspide
come
il sangue il corpo
e
porta ad un cuore limpido
e
puro così da poter veder il mondo torto.
Se
stai cercando il roveto a memoria e non sai
da
che parte cominciare, viene al punto
e
addossati il vincolo d’implorare.
Puoi
cercare in qualsiasi lampo
e
ovunque. La richiesta
può
cambiare la permanenza in vita
in
un batter d’ala.
Chi
cerca il roveto
è
uomo singolare che indugia
meticolosamente,
in serenità e silenzio,
volto
bellissimo, vale a dire benevolo
che
si rivela e splende
agli
iridi del muscolo cardiaco.
**
Il
cercare si fa disuguale.
Segue
lunga sospensione
di
latrato, impregnato
di
desiderio intenso.
Un
agognare del roveto il rovo.
Lo
scopo della ricerca non sarà
conseguire
ciò di cui si chieda ragione,
quanto
piuttosto rimuovere la spina,
in
divenire.
Colui
che cerca, offre
al
roveto
ciò
che è in suo potere
invocare:
testimonianza
incessante
dell’umana miseria. Anche se,
alla
lunga, tra i labbri
si
aprirà, costui, a devozione vocale
e,
cercando, imparerà a cantare.
IL ROVETO IV
A
lógica inumana
do capitalismo
Posto
fuori strada, nudo e lacero,
bocca
universale, disumana,
Ei
tutto si dona con una sola parola.
Ei
mira – e si rimira –
come
quando l’onda nasce e
muore.
E contro l’energia, Ei vive ed opera,
vantando
la soggiunta vetta.
Ai
mortali muta indirizzo, all’uno l’amore,
all’altro
il frangente, a tutti lor sorte.
Con
vera calma, si vota a soppressione
della
ragion fittizia. Ora,
come
può Ei mai,
con
cotal conoscenza,
negare
siffatta potenza,
e
al petto intanto stringerla?
Per
propria essenza,
natura
è sofferenza,
il
sogno dell’Io
è
parola d’artista.
Dalla
raccolta di Erminia Passannanti, Il
roveto,
Prefazione di Luca Lenzini, 2004.
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