“Chi furono”. Poesia sulle vittime di guerra.

 ‘’Chi furono’


La guerra aveva intriso 

dei campi di sangue

le zolle


e così i sopravvissuti

sotto il cielo plumbeo


si tolsero le scarpe

e camminarono

scalzi


(Erminia Passannanti, 2 maggio 2025)



Commento al testo


“Chi furono”


Il titolo interroga il lettore: chi erano queste persone? Chi furono prima di essere vittime? Pone una domanda sospesa, senza risposta e lascia spazio alla riflessione, evocando un'eco di identità perduta in una dimensione antropologica di umanità cancellata. È dunque un’interrogazione sull’essere di un popolo prima della distruzione. Si evoca l‘annullamento della biografia degli esseri umani, ridotti a tracce di sangue e di dolore nel paesaggio della devastazione:


La guerra aveva intriso

dei campi le zolle

di sangue


C’è una dimensione elegiaca e interrogativa che riecheggia la voce dei memoriali, ma senza retorica. Lo sconcerto dello scrittore testimone e partecipe a distanza della tragedia umanitaria non necessita di troppe parole. L’uso dell’imperfetto (“aveva intriso”) suggerisce un’azione distruttiva passata che continua a produrre effetti nel presente. Il sintagma “dei campi le zolle” richiama la ruralità, ciò che è fecondo e vitale. Ora, però, i campi lavorati sono intrisi di sangue: il verbo “intridere” è denso, quasi tattile, e trasmette la penetrazione della violenza fin nelle fibre della terra. La natura non è neutra: partecipa, riflette il lutto. Non c’è bisogno di nomi, date, fazioni: basta questa immagine per parlare di ogni guerra, e allo stesso tempo di una guerra ben precisa, quella di Gaza:


e così i sopravvissuti

sotto il cielo plumbeo


Il passaggio alla seconda strofa introduce i testimoni sul territorio: non eroi, non vincitori, ma sopravvissuti. Sono individui che portano addosso la visione del massacro. Il “cielo plumbeo” non è solo sfondo atmosferico: è eco emotiva del dolore, una cupola scura che grava su chi resta:


si tolsero le scarpe

e camminarono

scalzi


Il gesto di togliersi le scarpe è carico di simbolismo. È un atto di rispetto, di lutto, di sacralità. Camminare scalzi è esporre la propria fragilità, è farsi prossimi alla terra violata. È anche una marcia silenziosa, un rituale laico di memoria e sopravvivenza. Non rabbia, non vendetta in questo momento:  c'è innanzitutto dolore consapevole e dignità. 

Lo stile di questa poesia è spoglio, essenziale, scarno. Manca la punteggiatura a guidare il lettore: ciò crea una sospensione costante, come se ogni verso fosse una domanda. La struttura verticale, quasi frammentata, ricorda la lapide o l’epitaffio, rendendo la poesia una sorta di iscrizione funeraria collettiva.

Nel contesto di Gaza, la poesia non prende una posizione ideologica, non essendo necessaria, ma assume una voce umanitaria e testimoniale. Parla per chi non può più farlo, con una delicatezza che rifiuta la spettacolarizzazione del dolore. È più un mesto  canto funebre che un grido di denuncia.

“Chi furono” è pertanto una poesia di sottrazione e pudore, che lascia spazio al lettore per sentire il peso della perdita. La sua forza sta nel non dire troppo, nell’alludere con precisione, nel mostrare con immagini archetipiche (la terra, il sangue, il cielo, i piedi scalzi). È una meditazione lirica sulla memoria arcaica e sul presente storico, sulla sopravvivenza e sul rispetto dovuto alle vittime.


M. Amodio (Salerno, 1 giugno 2025)



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