Erminia Passannanti Tavola rotonda sulla traduzione – Piccolo Teatro, Milano, 22 febbraio 2001.

 Erminia Passannanti

Tavola rotonda sulla traduzione – Piccolo Teatro, Milano, 22 febbraio 2001

Il mio intervento verte sulla mia recente esperienza di traduzione di opere di autori gallesi, tra cui poeti e romanzieri come R. S. Thomas, Menna Elfyn e Robin Llywelyn, appartenenti all’area linguistica comunemente definita anglo-gallese (Anglo-Welsh). Tale ambito si caratterizza per un bilinguismo controverso, frutto della persistente influenza politica inglese nei territori del Cymru (nome originario del Galles) a nord-ovest dell’isola britannica.

La lingua gallese è tuttora, o sarebbe più corretto dire, nuovamente parlata quotidianamente nei territori settentrionali del Galles. Tuttavia, nel sud del Paese, in città anglicizzate come Cardiff, essa ha cessato di essere di uso comune da almeno cinquant’anni. Ciò nonostante, proprio a Cardiff risiedono frequentemente quegli scrittori che scrivono sul Galles e che spesso riescono a pubblicare con case editrici inglesi, come Gwyneth Lewis e Peter Finch, quest’ultimo autore sia in gallese che in inglese.

Sebbene a livello politico gli autori gallesi, al pari di quelli irlandesi e scozzesi, tendano a enfatizzare gli effetti negativi della dominazione linguistica e culturale inglese, la realtà del Galles contemporaneo post-industriale e post-coloniale è più complessa di quanto non venga rappresentato dagli ideologi dell’autonomia. L’esperienza storica della colonizzazione inglese ha prodotto una tradizione dicotomica: mentre molti scrittori hanno operato in lingua inglese, la loro produzione letteraria è profondamente radicata nelle problematiche del territorio, come dimostrano le opere di Dylan Thomas e R. S. Thomas.

Recentemente, grazie all’azione dell’Assemblea gallese per il potenziamento delle istituzioni culturali locali, numerosi autori rifiutano l’etichetta di anglo-gallesi e preferiscono definirsi scrittori gallesi che scrivono in inglese. Tale scelta è principalmente ideologica: spesso questi poeti non conoscono il gallese e si affidano a traduttori per la pubblicazione di edizioni bilingui, al fine di preservare un legame con la lingua locale. Altri autori, invece, sono pienamente bilingui e provvedono autonomamente alla traduzione delle loro opere, come nel caso di Robin Llywelyn, del cui romanzo From Empty Harbour to White Ocean ho curato la traduzione in italiano.

Oltre a rispondere alla necessità di rendere fruibili le opere all’intero pubblico locale, la traduzione in Galles è percepita oggi come un mezzo per superare i confini imposti dalle dinamiche post-coloniali e per accedere al mercato europeo. In questa prospettiva, l’Arts Council of Wales ha avviato dal 1998 il programma Welsh Literature Abroad, finanziando la pubblicazione di opere gallesi, sia in lingua gallese che in inglese, in diverse lingue europee.

Non sono soltanto le istituzioni culturali gallesi a promuovere la diffusione internazionale di questa letteratura: gli stessi autori avvertono l’urgenza di rivolgersi a un pubblico più ampio. Questa esigenza è dovuta, a mio avviso, alla resistenza dell’establishment letterario inglese a riconoscere adeguatamente la produzione delle cosiddette periferie del Regno Unito. In dibattiti sullo stato attuale della poesia gallese, a cui ho avuto modo di partecipare, gli scrittori anglofoni accusano spesso i loro colleghi gallesi di mantenere una sorta di complicità con il sistema editoriale inglese, lo stesso che ha marginalizzato la letteratura in lingua gallese.

Va inoltre sottolineato che la poesia, in quanto genere letterario con una audience limitata, necessita di strategie di promozione che ne garantiscano la diffusione. Nel caso della poesia gallese, la traduzione assume un carattere quasi programmatico: oltre alla trasposizione artistica e linguistica del testo, essa svolge una funzione informativa e di mediazione culturale. L’Arts Council of Wales incoraggia la pubblicazione di edizioni bilingui, nonostante la consapevolezza che pochi lettori siano in grado di valutare la fedeltà della traduzione.

Tradurre poesia dal gallese, una delle lingue più complesse del gruppo celtico, comporta difficoltà notevoli. La maggior parte dei traduttori non è in grado di lavorare direttamente dal gallese e si affida a versioni intermedie in inglese, con il rischio di una perdita di senso e di sfumature stilistiche. L’assenza di un controllo diretto da parte dei lettori sul testo originale conferisce un margine di libertà al traduttore, il quale può, talvolta involontariamente, discostarsi dal testo di partenza.

Il problema della fedeltà nella traduzione poetica è un nodo centrale nel dibattito sulla traduzione letteraria. Se una traduzione eccessivamente fedele può compromettere la poeticità del testo, un approccio eccessivamente libero rischia di tradire le intenzioni dell’autore originale. L’esempio delle versioni di Leopardi realizzate da Robert Lowell è emblematico di questo dilemma. A mio avviso, la conoscenza del contesto storico, culturale ed estetico è imprescindibile per la traduzione. Nella mia pratica, cerco sempre di documentarmi sul background dell’autore e sulle tematiche che caratterizzano la sua opera. Nel caso di R. S. Thomas, ad esempio, ho approfondito la realtà del sottoproletariato rurale gallese, il bilinguismo sofferto, il nazionalismo combattivo e la crisi religiosa che hanno segnato la sua esperienza umana e poetica.

A livello teorico, ogni traduttore sviluppa un proprio metodo e una propria filosofia. Per Gadamer, la natura del mondo è essenzialmente linguistica: l’uomo comprende la realtà perché la esprime attraverso il linguaggio. Heidegger, in Essere e tempo, concepisce il linguaggio non come semplice strumento, ma come la “casa dell’essere”, il luogo in cui il senso si manifesta. Il linguaggio storico, con le sue sedimentazioni, rappresenta un problema centrale per il traduttore, il quale si confronta con la complessità di trasporre tali stratificazioni in una nuova lingua e cultura.

La distinzione tra lingua e linguaggio, evidenziata da Saussure, è altresì fondamentale: mentre la lingua è un sistema sociale codificato, il linguaggio è un fenomeno più ampio, che include dimensioni estetiche e culturali. Lo strutturalismo ha posto l’accento sulla relazione tra esperienza e forme linguistiche, sottolineando il ruolo dell’interpretazione nella ricezione dei testi.

Ogni lettura riattualizza i testi del passato in rapporto al presente, conferendo loro nuove significazioni. Questo principio vale anche per la traduzione, che non è mai un atto neutro, ma un processo ermeneutico che implica scelte interpretative e poetiche. Tradurre poesia non significa semplicemente trasferire parole da una lingua all’altra, ma creare un testo che possa esistere poeticamente nella lingua di arrivo, mantenendo, per quanto possibile, le qualità estetiche e concettuali dell’originale.

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